INTOLLERANZE ED ALLERGIE ALIMENTARI: REALTA’ E FANTASIE
Negli ultimi decenni si è verificata una crescita esponenziale delle malattie allergiche; è coincisa nel contempo la popolarità in merito alle intolleranze alimentari.
Nel mondo occidentale, studi epidemiologici indicano una prevalenza di “allergopatie” che raggiunge il 20-30% nella popolazione generale. Il numero dei soggetti che si ritengono allergici potrebbe essere artificiosamente aumentato per l’uso improprio del termine “allergico”, che porta a classificare come tali i soggetti con effetti indesiderati da farmaci, le reazioni tossiche ad alimenti o quelle a sostanze irritanti. Una ulteriore sovrastima può derivare dalla sintomatologia spesso confondente di svariate patologie quali emicrania, sindrome del colon irritabile, sindrome della fatica cronica, artriti siero negative…
In realtà le allergie alimentari, nei paesi occidentali, colpiscono circa il il 5-6% dei bambini e solo il 3-4% degli adulti.
L’esistenza di questa distanza tra quanto il soggetto riferisce in termini di supposta allergia alimentare e la sicura conferma diagnostica è da molti anni documentata da ampi studi europei. La scarsa conoscenza della fisiopatologia, la confusione classificativa ed una sintomatologia che presenta spesso sintomi sovrapposti, favoriscono la larga applicazione di numerose metodiche diagnostiche “alternative” o “complementari”.
Ritengo necessario fare un po’ di chiarezza e, pertanto, definire cosa si intenda per allergia od intolleranza alimentare.
- Allergia: è una reazione immunitaria inappropriata ad una sostanza (allergene) apparentemente innocua e non patogena. Alla prima esposizione il corpo produce specifici anticorpi (chiamati IgE); ad una successiva esposizione all’allergene, il corpo produce anticorpi specifici ed avvia una risposta aggressiva, a volte anche intensa (i sintomi possono essere: infiammazioni orali, crampi, nausea, meteorismo, diarrea, orticaria…)
- Intolleranza: è una reazione avversa ad una sostanza che non coinvolge il sistema immunitario; può generalmente originarsi nel tratto gastro-intestinale, causato da una capacità limitata di digerire od assorbire determinati componenti alimentari. I sintomi insorgono da 30 min a 48 ore dopo la ingestione e comprendono nausea, meteorismo, dolore addominale e diarrea.
Chiunque si trovi ad avere una sintomatologia simile che ricorre nel tempo deve rivolgersi in prima battuta al proprio medico di fiducia ed in seconda istanza ad uno specialista in base alla prevalente sintomatologia: allergologo, dermatologo, gastroenterologo, neurologo e in fase finale ad un dietologo nutrizionista. Dal punto di vista prettamente gastroenterologico, tramite test specifici ed esame ematico deve essere valutata la eventuale presenza di una delle seguenti condizioni:
- malattia celiaca
- intolleranza al glutine non celiaca (NGCS)
- sindrome del colon irritabile
- intolleranza al lattosio ed agli altri disaccaridi
- allergia al grano
- malattie infiammatorie intestinali
- maldigestione e malassorbimento da insufficienza pancreatica
- alterazioni della flora batterica intestinale e sindrome da sovracrescita batterica (SIBO)
Purtroppo, la maggior parte dei soggetti fa ricorso alle tecniche diagnostiche alternative offerte da farmacie, studi professionali e centri polispecialistici, dando l’illusione di essere in grado di dare risposte diagnostico-terapeutiche efficaci e risolutive.
Oggi in realtà non ci sono test per le intolleranze alimentari. Bisogna diffidare dai cosiddetti “test alternativi” per intolleranze alimentari offerti da farmacie come da studi professionali, in quanto alcuni hanno scarsa attendibilità scientifica di tutti gli studi presentati, altri non sono standardizzati e sono completamente affidati alla libera interpretazione dell’esecutore; tutti, in assoluto, costituiscono una perdita economica per il soggetto (i test non sono infatti corrisposti dal SSN); eccone un esempio incompleto:
- Kinesiologia applicata (DRIA test e similari)
- Test di citotossicità (Citotossic test, test di Brian…)
- Test EAV (elettroagopuntura sec Voll, Vega test, Sarm Test…)
- Test di provocazione/neutralizzazione sublinguale
- Biorisonamza, Analisi del capello, Mineralogramma
- Pulse test, Test del riflesso cardiaco-auricolare
- Test Melisa, Iridologia
- Ricerca plasmatica di anticorpi IgG o IgG4 per specifici alimenti
Anche riviste scientifiche prestigiose hanno affrontato il tema in modo esaustivo in momenti diversi, anche non recenti; riporto le conclusioni originali di Niggerman e Gruber di quindici anni fa (Allergy 2004;59:806):
“To date there is no complementary or alternative diagnostic procedures which can be recommended as a meaningful element in the diagnostic work up of allergic disease”
non ci sono test diagnostici alternativi che possono essere raccomandati come elementi importanti nella valutazione diagnostica delle malattie allergiche.
I test normalmente usati x le allergie alimentari sono quelli cutanei (Prick), il dosaggio degli anticorpi specifici nel siero (RAST) e le diete di eliminazione.
Quest’ultimo prevede il monitoraggio dei sintomi ed il cibo che si mangia tramite un diario alimentare. Una volta individuato/i i cibi che possano causare i sintomi, si deve provare ad escluderli dalla dieta (dieta di eliminazione) per 2-6 settimane e valutare se i sintomi migliorano; in seguito la reintroduzione serve di prova valutando se i sintomi ritornano (prova di scatenamento).
In campo specialistico allergologico il test che segue questa procedura è l’unico in grado di confermare una vera allergia alimentare; si chiama Test di scatenamento in doppio cieco contro placebo (DBPCFC). Molti studi hanno sottoposto soggetti con la sintomatologia riferita in termini di allergia al test DBPCFC:si scopre una imbarazzante distanza tra la prevalenza dei sintomi nella popolazione generale (12,4-19,9%) e la conferma di allergia al test (0,8-1,8%).
In campo gastroenterologico le uniche vere allergie sono:
- Malattia celiaca: la sua prevalenza è in progressivo aumento; non è più definita malattia rara
- Allergia al grano
Le intolleranze alimentari più comuni sono:
- Intolleranza al lattosio (molto frequente condizione di insufficiente produzione di lattasi da parte del piccolo intestino)
- Favismo (raro deficit enzimatico trasmesso geneticamente; la assunzione di farmaci, fave, piselli può provocare anemia emolitica)
- Intolleranza al glutine non celiaca (NGCS): molti soggetti non celiaci scoprono che evitando il glutine si riducono alcuni sintomi fastidiosi; da qui la crescente popolarità delle diete “gluten free” e delle scelte di alimenti senza glutine. Il quadro non ha ancora una definita nosografia scientifica.
[1] Dott Basilico Mauro Via Val Maira 14 Milano